martedì 6 novembre 2007

La Repubblica non pubblica. Io me ne fotto. Tu, se vuoi, puoi leggermi qui sotto.

Caro Augias,
oggi (domenica 4 Novembre) il Suo giornale ospita un intervento del nostro Primo Ministro che elogia la giornata normale in un paese multietnico. Da alcuni anni sono afflitto dalla passione per le macchine arrugginite (*) e per quell'Estetica del Brutto che trae spunto, se non ispirazione, dalle Rovine Industriali. Pertanto, di frequente mi porto - è successo pure stamane, prima della lettura de "La Repubblica" - in luoghi di produzione abbandonati per raccogliere, secondo una mia personale Visione (fotografica), i segni e le testimonianze materiali dei passaggi che vi si sono succeduti nel tempo. Ebbene, come ben saprà, qui si rifugiano le vite di scarto (**), oggi spietatamente messe a nudo da oculate telecamere aeree, come se non si fosse saputo prima della loro misera esistenza nei luoghi più marginali e inumani delle metropoli. Durante i miei sopralluoghi in molte aree dismesse del versante Adriatico, ho incontrato e fatto la conoscenza di molti sans papier. Tra tutti, ricordo Aziz, l'egiziano. Si era ricavato una nicchia abitabile al piano terra del reparto acido solforico di una ex fabbrica di mangimi (A). Una specie di minuscolo abside, col pavimento in terra battuta ed una finestra fronte mare, direbbe un agente immobiliare. Un semplice telaio in legno, foderato di plastica, mitigava come poteva l'aggressione delle intemperie dal sapore di sale. All'interno un letto a due piazze e le suppellettili indispensabili, disposte in maniera funzionale nel poco spazio protetto. Mi offrì un caffè e mi presentò la fidanzata rumena. Per parte mia, mi feci carico di procurargli un incontro con un funzionario di mia conoscenza presso l'Ufficio del Lavoro della mia città. Rimanemmo in contatto telefonico per circa due settimane. Quando fui in grado di assicurargli un incontro, ne persi le tracce telefoniche e non potei più dar corso al contatto. Finii pure per eliminare il suo numero dalla mia rubrica telefonica. Qualche tempo più tardi, tornai nel sito per proseguire la mia solita ricerca, ma avevo timore (per pudore e rispetto) di avvicinarmi al luogo che egli abitava. Ne stetti alla larga, finchè non incontrai un suo compare, cui chiesi che fine avesse fatto Aziz. Mi portò da lui. Quando ci vedemmo, non mancò di accogliermi con calore. Alla richiesta del perchè si fosse reso irreperibile, mi disse di aver subito un incidente con la moto e mi mostrò una lunga ferita sul braccio destro, ormai cicatrizzata. Ho subito avuto l'impressione si trattasse, invece, di un chiaro taglio da lama che scorreva netto per quasi tutta la lunghezza dell'avambraccio. In quella circostanza capii che non avrei potuto prodigarmi ulteriormente per vederlo fuori dalla sua umiliante condizione abitativa. Avrebbe dovuto essere lui a chiedermi ciò che gli avevo, a suo tempo, proposto di mia iniziativa. Non lo fece e fu l'ultima volta che lo vidi. Stamane, la finestra di Aziz aveva perso il fragile infisso di legno e plastica. Lasciava intravedere l'interno devastato dal fuoco. Qualunque congettura io sia in grado di fare su quanto accaduto nel frattempo, potrebbe essere legittima, ma mi astengo, per mancanza di indizi certi. Comunque, lì, Aziz non c'è più. Probabilmente si trova in un luogo altrettanto misero, chissà dove. Bene, mi sgomenta davvero si abbia a descrivere, nei giorni che corrono e con l'investitura del Potere, l'idilliaca coda multietnica all'anagrafe bolognese, sia pure con il dubbio di avere vissuto un'esperienza irreale. La distanza del cosiddetto Palazzo dalla vita e dai luoghi della quotidianità di chi vive e lavora in questo Paese è davvero incolmabile! Caro Augias, un torrente di pensieri mi assale, compreso il timore di non aver chiaramente dichiarato da che parte mi schieri, ammesso che sia tanto facile parteggiare per la legalità di quelli che la (de)tengono. Per sè.
Con molta stima.

Lorenzo Amaduzzi







(*) AAVV, La macchina arrugginita. Materiali per un'archeologia dell'industria, Feltrinelli, 1982
(**) Zygmunt Bauman, Vite di scarto, Editori Laterza, 2004

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non è dato sapere quale sia il sentire di Augias, in mancanza di una sua risposta. Posso affermare che nel leggere su La Repubblica "la giornata normale in un paese multietnico" ho sentito affiorare dentro di me una certa irritazione. Al contrario, nella bella lettera-racconto di vite ai margini, risalta, attraverso il pensiero fine e la scrittura garbata ma al contempo vibrante, tutta la gravità e la necessità di risposte serie riguardo le tematiche oggetto della lettera.

Angela